Al suo quarto Convegno Nazionale, AIdAF, l’Associazione Italiana delle Aziende Familiari, si interroga sul ruolo di donne e giovani all’interno delle imprese di famiglia. Il percorso di questi quattro anni con convegni aperti a tutti gli imprenditori italiani ha permesso di portare alla luce le tematiche specifiche delle aziende di famiglia, che costituiscono quasi la totalità delle piccole imprese e oltre il 50% delle medie imprese.
Quest’anno la città prescelta come sede del convegno è Napoli, un segnale importante per avvicinare gli imprenditori del sud, per ribadire la fiducia nelle capacità di rilancio di questa città, e per sottolineare il carattere nazionale dell’associazione. Dall’12 al 13 settembre il tema “Giovani e donne: risorse di valore per le imprese familiari” verrà trattato come di consueto attraverso le esperienze concrete di imprenditrici e imprenditori e gli approfondimenti teorici di chi studia in Italia il fenomeno.
“Abbiamo valutato interessante indagare, anche attraverso due ricerche, se e come l’inserimento di donne e giovani nei ruoli di vertice delle aziende di famiglia consenta di portare ulteriore valore e di affrontare momenti specifici di cambiamento” spiega Gioacchino Attanzio, direttore generale di AIdAF.
Le donne spesso sono state escluse dai ruoli decisionali e il passaggio generazionale, quando possibile, ha certamente favorito i maschi di famiglia. Le cose stanno cambiando anche perché ormai è assodato che rinunciare alle caratteristiche specifiche delle donne porti di fatto a un impoverimento della società.
“Ritengo che oggi sia molto importante l’apporto delle donne alle imprese, in particolare a quelle familiari, per il ruolo decisivo che esse hanno in questo momento storico” afferma Pina Amarelli, cavaliere del lavoro, presidente dell’antica fabbrica di liquirizia Amarelli. Il suo è un caso interessante perché ha raggiunto il massimo ruolo nell’azienda di famiglia del marito, che ha scelto la carriera di professore universitario.
“In periodi di difficoltà, e diciamolo francamente addirittura di recessione, alcune specifiche doti femminili come l’intelligenza emotiva, la fantasia nell’innovazione, la flessibilità siano elementi indispensabili per mantenere vitali e far sviluppare le aziende” prosegue Amarilli. “Sicuramente noi donne abbiamo un modo specifico nel condurre un’azienda come d’altronde atavicamente abbiamo sempre condotto la famiglia e che esprimerei con una frase mutuata da Che Guevara, sulla necessità di sapere e dovere essere duri senza mai perdere la tenerezza!”
Anche Camilla Khevenhueller Borghese, Presidente dell’Istituto Biochimico Italiano Spa, è convinta che la presenza femminile porti con sé una grazia e una maggiore varietà all’interno di un’azienda. “Per il resto le caratteristiche necessarie per le imprese familiari, sono identiche a quelle maschili: volontà, consapevolezza, perseveranza, adeguata preparazione” sostiene Khevenhueller “Forse la più grande differenza tra le caratteristiche femminili e le maschili sta nel fatto che gli uomini si concentrano su un obiettivo alla volta e le donne riescono a seguirne diversi contemporaneamente. A seconda dei casi imprenditoriali e aziendali questa caratteristica può essere un vantaggio o una debolezza.” Anche per Khevenhueller è importante il ruolo svolto nella famiglia: “Le donne, intese come mogli e madri, in azienda sono un elemento di coesione all’interno della famiglia e quindi di continuità. I momenti difficili e di crisi, in cui serve molta abnegazione, vanno vissuti e affrontati con grande determinazione per superarli.”
Secondo Giovanna Vitelli, Consigliere di Amministrazione Azimut-Benetti Spa, giovane donna che si è inserita dal 2001 nell’azienda fondata nel ’69 dal padre, la donna deve stare attenta a non mascolinizzarsi, ma utilizzare le proprie caratteristiche di genere: “Siamo più attente ai dettagli, all’estetica e ai rapporti tra le persone. Tutte caratteristiche che nel mio settore sono molto importanti” dice Vitelli. “Quello che ancora ci differenzia molto è la difficile conciliazione tra lavoro e famiglia. Ho due bambini piccoli e ancora non ho capito se è possibile raggiungere un equilibrio tra questi due aspetti.”
Sul tema dei giovani, la caratteristica fondamentale che emergerà dagli interventi riguarda la formazione che devono ricevere e l’importanza decisiva delle esperienze esterne all’azienda familiare.
“L’esperienza di cinque anni in uno studio legale d’affari è stata fondamentale per inserirmi con più serenità nell’azienda di famiglia” sottolinea Vitelli. “Il giudizio di un padre non potrà mai essere come quello di un capo esterno.”
D’accordo su questo punto anche Antonio Rummo, responsabile Pianificazione Strategica della Rummo Spa, che si è laureato proprio con una tesi in cui metteva in luce l’apporto delle nuove generazioni nei passaggi generazionali. “I giovani devono essere formati per portare nuova linfa nelle imprese. La qualità della nuova generazione sta nella capacità di interpretare le necessità dell’impresa, che oggi possono essere riassunte in un apporto di maggior cultura manageriale” afferma Rummo. “Oggi la nuova generazione deve saper identificare insieme alla generazione precedente, il momento giusto per inserire manager in una logica di competitività sul mercato.”
Dalle parole dirette dei protagonisti, l’introduzione dei giovani è essenziale per portare in azienda l’entusiasmo e il rinnovamento necessari all’azienda per adeguarsi ai cambiamenti e svilupparsi.
Le aziende di famiglia sono indubbiamente un cardine dell’economia, mondiale non solo italiana, e la maggior parte di esse è accomunata dalla caratteristica di avere una visione di lungo periodo. Il difetto che più gli si rimprovera è quello di una certa rigidità nei cambiamenti e allora ecco che donne e giovani possono essere una vera risorsa. Utilizzando le parole di Amarelli, che è anche vicepresidente mondiale degli Henokiens, l’associazione delle aziende bicentenarie, “donne e giovani sono più aperti al nuovo, direi più porosi e quindi poi più portati ad arricchire di umanità la vita economica dell’impresa.”